[ Statement ]

Leviatano

Abraham Bosse, frontespizio de «Il Leviatano» di Thomas Hobbes, 1651

 

 

Un sentiero di ricerca nella città di Roma 

Le istituzioni educative, culturali, artistiche sono poste oggi di fronte alla sfida di ripensare radicalmente i propri confini, fisici e disciplinari. La crisi ci ha mostrato, in questi anni, l’importanza della produzione di spazio. Contrariamente a chi lo aveva dipinto come liscio e attraversato soltanto da flussi, lo spazio globale si presenta segmentato, frammentato, continuamente riassemblato: zone economiche speciali, nuove enclave, inedite configurazioni istituzionali, linee transnazionali della produzione di sapere. Ad aver subito una profonda trasformazione non è solo lo spazio inteso nella sua fisicità, ma il significato e la funzione che storicamente gli sono stati assegnati nei processi conoscitivi così come nell’organizzazione del potere su scala globale. Lo spazio non si presenta più come una premessa, un a priori o un contenitore. Sul piano strettamente giuridico, esso non è più uno schema rappresentativo o un mero campo di vigenza della norma statale. Lo spazio acquista una funzione produttiva, meglio, è causa ed effetto di una continua attività di produzione. Anche le istituzioni, a ogni livello, sono investite da questa dinamica. Le istituzioni educative, come quelle artistiche, hanno da tempo superato i confini del campus o del museo. Nella valorizzazione del sapere, non conta solo ciò che si produce, ma anche la sua estensione nello spazio e lo spazio che si crea producendo. Ecco perciò che la produzione di spazio diventa una posta in gioco decisiva per l’attività di ricerca e per la stessa teoria critica. Detto altrimenti, lo spazio è nello stesso tempo un importante oggetto di ricerca e uno degli esiti di tale attività. Muovendo da tali considerazioni, diverse istituzioni, formali e informali, che abitano la città di Roma, hanno deciso di federarsi per tracciare un sentiero di ricerca. Federarsi per produrre, nella città, uno spazio del “tra” delle istituzioni, con l’ambizione di rimettere a verifica criticamente i confini di una disciplina, il diritto, e nello stesso tempo decostruire gli stessi confini che perimetrano tradizionalmente le istituzioni e che le spingono all’autoreferenzialità, separando la loro attività formativa e di ricerca dal tessuto urbano, dalle sue contraddizioni e dalle sue tensioni. Indagare il lato spaziale del diritto e realizzare un nuovo ambito di ricerca, intrecciando saperi in luoghi pubblici diversi, sperimentando modalità differenti di incontro, dal confronto “a due” alla tavola rotonda. Oltre all’evento pubblico, grande attenzione è data ai momenti di approfondimento e di preparazione ai vari incontri: un laboratorio sul diritto da intendere come un modo, tra gli altri, per ridisegnare la città che abitiamo.

 

I confini del diritto.  Istituzioni e antagonismi

La ricerca nasce con l’intento di tornare ai fondamenti di alcuni concetti e problematiche che attraversano i conflitti del tempo presente, a partire dall’uso che i movimenti sociali hanno fatto del linguaggio e degli strumenti del diritto. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’inedita combinazione tra la dimensione delle pratiche − sociali, politiche, artistiche − e la sfera giuridica. Una combinazione che ha prodotto un doppio movimento. Da un lato le pratiche hanno tentato di risignificare il campo del diritto, mostrandone il suo lato potenzialmente produttivo: si pensi alle tante esperienze di lotta per i commons e per il diritto alla città, dove l’ambizione è stata quella di immaginare ex novo istituti e istituzioni, oltre il paradigma della proprietà, e di immaginare lo spazio urbano come il luogo dove è possibile imprimere un segno democratico ai processi di urbanizzazione. Dall’altro, la scienza giuridica più avveduta, posta di fronte a tali insistenze, si è dovuta inoltrare al di là dei confini disciplinari, lasciandosi così alle spalle l’inaridente prospettiva del formalismo e della dogmatica.

Per questa ragione oggi il diritto, meglio, l’uso del diritto, costituisce un nuovo e fertile sentiero di ricerca. L’uso che del diritto si fa oggi si discosta sensibilmente da quello che se ne poteva fare qualche decennio addietro, non solo per il carattere propriamente costituente e non strumentale assunto dalle pratiche, ma anche per le profonde trasformazioni che hanno investito la dimensione giuridica. Il diritto non può più essere definito, com’è stato per circa due secoli, attraverso l’identità con una forma istituzionale determinata, lo Stato, e con una forma giuridica esclusiva, la legge. Lo Stato sembra aver perso quel duplice monopolio, della produzione di diritto e della forza legittima, che lo rendeva sovrano. La gerarchia delle fonti di produzione del diritto sembra essersi spezzata, scomposta, frammentata, verso l’alto e, insieme, verso il basso. Al suo posto troviamo una vera e propria eterarchia. Queste imponenti trasformazioni ci spingono a tornare ad alcuni concetti-chiave del lessico politico e giuridico della modernità: Stato, federalismo, democrazia, cittadinanza, costituzione, governo. Concetti-chiave che si pongono già su una zona di confine, o di indiscernibilità tra un dentro e un fuori, della scienza giuridica. Per essere colti nella loro intensità, necessitano di uno sguardo ampio, capace di muoversi tra la teoria politica e la storia, la geografia urbana e la sociologia, l’economia politica e la teoria costituzionale. L’uso del diritto, così inteso, ci permetterà di indagare le pratiche non solo nella loro dimensione orizzontale ed estensiva, ma anche sul piano verticale, provando a cogliere il nesso tra produzione di soggettività e dinamiche di articolazione del potere. Ecco perché occorre indagare i confini del diritto. Anche qui la parola confine sarà assunta in un duplice senso: confine fisico e disciplinare. Da un lato, la spazialità del diritto sarà un tema costante che attraverserà la ricerca. Si pensi al federalismo, da intendere come una specifica modalità di riorganizzazione dello spazio politico e giuridico, in grado di rimettere in discussione l’interno e l’esterno della sovranità. O alla cittadinanza, sottoposta oggi alla tensione tra la sua intrinseca vocazione universalistica e le differenze introdotte dai dispositivi di controllo delle popolazioni (la cittadinanza europea è un esempio in tal senso molto appropriato). Si pensi, ancora, ai confini fisici, che perdono progressivamente il carattere di “fissità” che li legava al territorio dello Stato-nazione, per divenire mobili, modulari, flessibili (di nuovo l’Europa come esempio paradigmatico, dove il limes esterno non coincide con i confini dei Paesi membri). Del resto, sono proprio i movimenti ad aver fatto emergere la “questione spaziale” come una posta in gioco decisiva della politica contemporanea, con l’occupazione delle piazze, delle strade e dei parchi, da Puerta del Sol a piazza Taksim. Pratiche di lotta da intendere come riappropriazione di luoghi dove sperimentare democrazia. Nello stesso tempo, come si è detto, si tratterà di indagare gli stessi confini disciplinari del diritto. Qui il diritto non potrà che essere colto nella sua dimensione intrinsecamente politica, andando oltre la formula divisoria, tipica della dottrina giuridica liberale, tra Stato e società. Formula che ha permesso la riduzione della politica all’interno dei confini istituzionali dello Stato e l’omologazione dei processi sociali a quelli statali. Cosa accade oggi che lo Stato non detiene più il monopolio di tali processi? Come si riconfigura il ruolo delle costituzioni e del costituzionalismo in tale contesto? La frammentazione del giuridico apre nuove possibilità di emancipazione o al contrario è mero elemento “regressivo”, utile solo all’incessante azione del capitale finanziario? Si tratta di interrogativi a cui dare risposte, seppur parziali, nel corso dei lavori. Se è vero che tutto ciò che abbiamo conosciuto − le istituzioni, i dispositivi rappresentativi, le procedure della legittimazione − attraversa una crisi irreversibile, è vero anche che l’epoca presente non ha ancora trovato le forme politiche adeguate per rispondere a un tale mutamento. La ricerca diviene allora un lavoro di immaginazione politica.

 

I promotori

Istituto Svizzero di Roma

Sin dalla sua fondazione, è meta di studiosi e artisti svizzeri, punto di riferimento delle attività artistiche e scientifiche della Svizzera in Italia. Favorisce il dialogo e lo scambio con attori culturali presenti sul territorio grazie a una variegata partecipazione che attrae un pubblico sempre più numeroso e qualificato. Il suo elemento distintivo è da sempre stato la convivenza tra persone provenienti da discipline artistiche e accademiche diverse. Avamposto nel cuore di Roma e del Mediterraneo, intraprende oggi un percorso per adattare la propria attività alla realtà contemporanea, tanto istituzionale quanto storico-sociale. Affrontando le sfide del presente e la crisi che non cessa di produrre i suoi effetti di trasformazione, l’Istituto sperimenta formati artistici e di ricerca che aspirano a divenire modelli ripetibili, per cogliere l’occasione di rimettere mano alle fondamenta istituzionali e non continuare a ripetere forme consumate dal tempo. Un’istituzione che cerca di trasformarsi e di definire le proprie regole, a partire dai risultati che le proprie attività suggeriscono, verificano, praticano. Le sue intersezioni feconde con il sistema reticolare svizzero di istituzioni artistiche, università, scuole d’alta formazione, spazi giovanili autogestiti, artisti e ricercatori consentono all’Istituto di attraversare Roma, crogiolo millenario e inattuale di civiltà.

 

Libera Università Metropolitana

La Libera Università Metropolitana, fondata nel 2005 nell’Atelier occupato ESC di Roma, è un esperimento di autoformazione e di conflitto costituente, dentro e contro le trasformazioni dell’università. È trasversale ai luoghi di produzione del sapere, fondato sulla libera e autonoma produzione di saperi oltre i confini tra università e metropoli. Un laboratorio fatto da studenti, dottorandi, ricercatori, lavoratori del mondo della cultura e dell’arte, docenti universitari. Un luogo dove ridare forza al carattere infunzionale, critico e sperimentale della conoscenza e delle sue forme di produzione. Un prototipo di organizzazione del lavoro cognitivo stesso. Un dispositivo che insiste sulla condivisione, piuttosto che sulla mera trasmissione delle conoscenze, nel tentativo costante di costruire un lessico comune e conflittuale. Il progetto della LUM vuole creare saperi e mettere in comune il pensiero. I seminari, le letture in comune e le ricerche sono frutto dell’incontro di linguaggi differenti e accentuano il carattere sempre ibrido, non-disciplinare dei saperi come pratica di rottura dei confini epistemici. La configurazione di una ricerca di frontiera assume la propria inadeguatezza nell’Europa da provincializzare, guardando a continue connessioni con esperienze affini per poter tracciare una nuova cartografia del sapere vivo.

 

Fondazione Lelio e Lisli Basso-Issoco

Ente morale dal 1974, dispone di una ricca biblioteca e di un archivio storico, aperti al pubblico e consultabili anche on line. L’intensa attività scientifica si articola in ricerche, corsi di formazione, seminari, convegni, pubblicazioni e mostre, nei settori della ricerca storica e della cultura delle fonti, della teoria politica e del diritto. Tra i temi trattati: il processo di costituzionalizzazione dell’Europa, il rapporto tra globalizzazione e diritti universali, la bioetica, il patrimonio culturale. Parte rilevante dell’attività della Fondazione è costituita dall’impegno a livello internazionale nella promozione di ricerche e convegni sul tema dei diritti umani e nell’organizzazione delle sessioni del Tribunale permanente dei popoli. La Fondazione Basso è ispirata al pensiero di Lelio Basso, teorico e politico del socialismo novecentesco, figura originale ed eretica, capace di mescolare materiali diversi ma anche autentici del pensiero marxista e della tradizione di pensiero del movimento operaio. Attualmente, la Fondazione possiede oltre 100.000 volumi e 5.000 testate di periodici, alcune delle quali molto rare, e conserva inoltre fondi originali particolarmente preziosi che riguardano la Rivoluzione francese, la Prima, la Seconda e la Terza Internazionale, la Comune di Parigi, il 1848 in Europa, la socialdemocrazia tedesca, il movimento operaio italiano, la storia delle donne.

 

Dipartimento di Scienze Giuridiche 

Il Dipartimento di Scienze Giuridiche è nato nel 2004 dall’accorpamento degli storici istituti della Facoltà di Giurisprudenza. La Facoltà giuridica romana de “La Sapienza” venne istituita, contemporaneamente alla nascita dell’Ateneo, nel 1303 da Bonifacio VIII, il quale voleva dotare la città di Roma di una scuola di diritto che esprimesse la superiore autorità della Chiesa. Così si spiega l’iniziale e particolare attenzione al Diritto canonico, al Diritto civile e al Diritto romano. Per lungo tempo, alla qualità del corpo docente e alla vivacità culturale si affiancava però una sostanziale chiusura alle tendenze più innovative e una più o meno latente avversione nei confronti degli sviluppi scientifici dell’umanesimo e dell’illuminismo giuridico. Con l’annessione di Roma al Regno d’Italia, nel 1870, la situazione cambiò radicalmente, l’ordine degli studi fu completamente rinnovato, conformandosi agli ordinamenti delle grandi università europee. Da allora, la Facoltà giuridica romana si è affermata come uno dei principali centri di elaborazione culturale. Nel corso del Novecento si sono avvicendati nell’insegnamento alcuni dei più grandi giuristi italiani. Attualmente, l’attività scientifica del Dipartimento si concretizza, oltre che nelle numerose ricerche in corso, nell’organizzazione di convegni e conferenze e in una propria collana di pubblicazioni intitolata «Collana del Dipartimento di Scienze Giuridiche».

 

Centro Studi e iniziative per la Riforma dello Stato

Nasce a Roma nel 1972 su iniziativa del Partito Comunista Italiano e il suo primo presidente è Umberto Terracini. Il Centro si caratterizza subito per la capacità di stimolare un dibattito tra partiti, istituzioni e studiosi di diversa estrazione e cultura politica. Alle attività del Centro partecipano Pietro Ingrao, Ugo Spagnoli, Luigi Berlinguer, Luciano Violante, Sabino Cassese, Umberto Cerroni. Per tutti gli anni Ottanta, il CRS è presieduto da Pietro Ingrao che ne rafforza l’attività, e nel 1984 il Centro integra la rivista «Democrazia e diritto». Nel 1986 il CRS diviene associazione, riuscendo efficacemente a dar voce alle energie che nelle istituzioni, nella magistratura, nelle amministrazioni si impegnano nella riflessione sul tema dei diritti e della riforma democratica delle istituzioni. Nel 2005, quando Pietro Ingrao compie novant’anni, il CRS acquisisce il suo archivio e, a fianco dell’Associazione, dà vita alla Fondazione CRS-Archivio Ingrao. Oggi il CRS, oltre a elaborare studi e ricerche nei suoi ambiti tradizionali, riguardanti il sistema politico e istituzionale, ha allargato i suoi confini anche alla geopolitica, alla politica locale e all’economia, riuscendo a mantenere intatta la sua caratteristica fondamentale: l’utilizzo di un approccio multidisciplinare allo studio di questi fenomeni. Inoltre, il CRS produce annualmente un numero importante di pubblicazioni, principalmente presso la Ediesse, con la quale dirige diverse collane editoriali.